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Programmatic ADV: potenzialità e trend di crescita in Italia

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Cos'è il Programmatic ADV?

Alla fine del 2018, lo IAB ha realizzato un’interessante ed esaustiva ricerca sul Programmatic ADV.

Sullo spunto di questo studio, cerchiamo quindi di capire meglio cos’è il Programmatic Advertising, le sue potenzialità e alcuni dati riguardanti la sua crescita in Italia negli ultimi anni.

Nella ricerca, IAB né da questa definizione:

"Per Programmatic Advertising si intende il modello di compravendita di spazi pubblicitari online realizzato utilizzando piattaforme software in grado di automatizzarne e ottimizzarne il processo, consentendo di mostrare un contenuto pubblicitario totalmente personalizzato ad un utente nell’esatto momento in cui questo vuole visualizzarlo."

Una spiegazione, questa, che esprime già in maniera esplicita la più grande potenzialità di questo strumento digital, vale a dire la possibilità non solo di andare ad impattare, in maniera automatica e automatizzata, il nostro target utenti di interesse, ma anche di farlo nel momento temporale migliore e con contenuti di reale interesse per gli utenti stessi. Attraverso un complesso sistema di regole e algoritmi, inoltre, il Programmatic ADV riesce a comprendere ed analizzare la User Experience e a ricavare un numero elevato di dati, così da poter ottimizzare l’acquisto degli spazi pubblicitari, in tempo reale.

Tutti aspetti che rendono il Programmatic Advertising uno strumento sicuramente più performante rispetto alla classica attività di negoziazione tra colui che intende acquistare lo spazio pubblicitario, l’advertiser, e colui che ne è proprietario e vuole venderlo, il publisher; un processo di compravendita, questo, infatti molto più lungo e meno efficace dal punto di vista della segmentazione, rispetto a quello automatizzato del Programmatic.

Giunti a questo punto, vediamo come si svolge questo processo di negoziazione, nello specifico la modalità del Real Time Bidding. Sempre lo studio realizzato da IAB, struttura l'RTB in sei passaggi, che citiamo testualmente:

1) Un utente internet clicca su un URL

2) Successivamente, l’editore proprietario di quella pagina, tramite la SSP avverte le aziende del lato della domanda che un utente con determinate caratteristiche sta per accedere alla sua pagina web

3) In quel momento inizia il processo di negoziazione all’interno dell’ad-exchange tramite un meccanismo ad asta

4) Gli advertiser o le media agency da essi incaricati, tramite la DSP, sono in grado di acquistare tale spazio e mostrare la loro ad all’utente che sta per navigare il sito in questione. Ciascun advertiser/media agency programma la DSP inserendo l’importo massimo che è disposto a puntare nell’exchange (bid) per raggiungere quel particolare target di riferimento

5) Durante la negoziazione (millisecondi), gli importi «scommessi» dai diversi advertiser per uno specifico target vengono confrontati. Da una loro comparazione si evince il vincitore dell’asta

6) Una volta identificato il vincitore, l’Ad Server invia al browser dell’utente l’ads

Nel concreto, i marketer pubblicano le loro offerte per un determinato spazio pubblicitario utilizzando una DSP (demand-site platform), ovvero una “piattaforma lato domanda", che vengono poi gestite dalle SSP (supply-side-platform); queste ultime conducono l’asta in tempo reale e decretano prezzo finale e “vincitore” dello spazio adv, oltre poi a piazzare online le singole pubblicità.

Programmatic ADV in Italia: un trend in forte crescita

Premessa: il mercato digitale italiano è notevolmente in ritardo se paragonato agli Stati Uniti, vero motore trainante di questo prodotto digital; nonostante questo, il nostro paese mostra un trend di crescita significativo, che ha portato il Programmatic ad avere un peso nell’intero sistema dell’Online Advertising del 16%.

Inoltre, sempre secondo lo IAB Programmatic Advertising Final report:

- 1 advertiser su 4 spende più del 50% del budget digital advertising in programmatic

- Per 2 media agency su 5 il business programmatic contribuisce a generare almeno il 30% del fatturato totale

- Per 3 advertiser su 5 la quota programmatic è almeno pari al 30% della spesa totale in digital advertising

- Per 1 media agency su 5 tale quota supera il 50% del fatturato totale.

- Per 3 ad network su 5 la quota di inventory vendibile tramite logiche di programmatic supera il 50% del totale degli spazi pubblicitari digitali a loro disposizione.

- Per 1 publisher su 2 la quota di inventory digitale venduta tramite logiche di programmatic advertising non supera il 30%.

- Per la maggior parte di essi tale quota è compresa tra il 15 e il 30%

Parlando invece di spesa italiana in Programmatic ADV, secondo i dati 2018 dell’Osservatorio Internet Media Politecnico di Milano, l’investimento ha vista una crescita esponenziale tra il 2014 e il 2018, anno in cui l’ammontare della spesa ha superato i 3 miliardi €.

Modello a cascata: il meccanismo programmatic più utilizzato in Italia

Arrivati a questo punto, cerchiamo di capire come funziona il modello di Programmatic ADV detto a “cascata” e le differenze col più recente Header Bidding.

Ecco come il rapporto IAB descrive il modello a cascata:

[span=testo-italico]- Il publisher in questione tramite un meccanismo automatizzato è in grado di inoltrare alle SSP collegate l’opportunità di vendita di quel determinato spazio. L’obiettivo del publisher è quello di massimizzare il ricavo generato dalla vendita di tale spazio, di conseguenza cercherà di mettersi in contatto con la fonte di domanda che gli garantisce un introito maggiore.

- Il modello a cascata prevede che la bid request [ndr Per Bid Request si intende la richiesta di offerta per uno spazio pubblicitario] venga inoltrata alle SSP secondo un criterio di priorità d’accesso. Esistono varie modalità per la determinazione della priorità d’accesso, tuttavia il criterio più rilevante è quello dell’«average historical yield». Sulla base di questo criterio, la SSP interpellata per prima sarà quella che storicamente ha garantito i ricavi maggiori all’editore.

- Il modello a cascata prevede che il publisher debba dare priorità ad un solo exchange per volta, e passare a quelli successivi nel caso in cui la transazione con il primo non è andata a buon fine. Questo meccanismo viene definito «pass-back»: nel momento in cui l’impression non viene venduta dalla prima SSP, viene rinviata all’ad server, e riproposta da questi ad un nuovo bidder [ndr “offerente”]

- L’obiettivo del publisher è di evitare che parte dell’inventory [ndr l’insieme degli spazi pubblicitari a disposizione degli inserzionisti] rimanga invenduta; di conseguenza, man mano che procede il passaggio da una SSP a quella successiva, il price floor (ovvero il prezzo minimo stabilito dal publisher a cui può essere venduto il suo spazio pubblicitario) può diminuire fino ad incontrare un’offerta adeguata[/span]

La differenza principale tra questo modello di programmatic e l’Header Bidding risiede nel fatto che quest’ultimo permette ai publisher di interrogare simultaneamente più SSP, senza quindi privilegiarne una piuttosto che un’altra.

Per approfondire l’argomento, potete consultare il documento integrale dello studio realizzato da IAB.

Di seguito, invece, potete scoprire tutte le news legate al mondo del digital advertising.
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