Marketing

È arrivata la fine dei cookies per come li conosciamo?

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Questi “biscottini”, utilizzati nella navigazione online, sono pacchetti di informazioni che lasciamo ogni volta che visitiamo un sito. La possibilità da parte dei marketer di ricostruire la cronologia di un determinato utente permette loro di proporgli contenuti promozionali che, verosimilmente, rispecchiano i suoi interessi.

Cookies, lo strumento portante del digital marketing

La tecnologia di tracking tramite cookies è parte integrante dell’ambiente digitale fin dal 1994, anno in cui è comparso il primo banner pubblicitario in rete. Nel corso degli anni, tuttavia, la regolamentazione relativa alla privacy e al trattamento dati si è evoluta, così come gli interessi dei marketer e gli strumenti da loro utilizzati. Al giorno d’oggi infatti è possibile ricostruire l’esperienza online di qualsiasi utente, provando ad anticipare quelli che sono i suoi bisogni/desideri e guidandolo verso un loro soddisfacimento, sia questo attraverso la vendita di beni o servizi.

Col tempo, gli utenti si sono abituati a questa tipologia di tracciamento e alla pubblicità targettizzata che ne è conseguita. Ormai la sensazione di “essere seguiti” online è entrata a far parte dell’esperienza di navigazione di tutti noi, ma ciò non significa che non ci siano modi migliori di raccogliere informazioni a fini di marketing.

In questo senso la gestione dei cookies è stata regolamentata dalla norma del GDPR, che ha obbligato ogni sito a inserire in primo piano la sua normativa sul tracciamento dei dati nella prima pagina in cui l’utente entra. Proprio in risposta alle nuove regolamentazioni Google, il motore di ricerca più usato al mondo, ha pubblicato nel gennaio 2020 un post sul proprio blog, annunciando un piano di revisione dei cookies e del loro utilizzo. Che sia l’inizio di una rivoluzione digitale?

Verso un tracciamento più chiaro

Dopo un iniziale dialogo con la comunità web siamo fiduciosi che, dopo continue iterazioni e scambi di feedback, i meccanismi di conservazione della privacy e standard aperti come il Privacy Sandbox possano essere la base per un Web più sano e supportato da pubblicità in un modo tale da rendere obsoleti i cookie di terze parti." (Chromium blog, 14 Gennaio 2020)

Con questa dichiarazione Google porta avanti il proprio progetto di implementazione della privacy online, stimando una tempistica inferiore ai due anni e una costante evoluzione dell’iniziativa “Privacy Sandbox”.
Quali sono i principali fenomeni che Google vuole contrastare? Fondamentalmente due: le modalità di gestione e accettazione dei cookies e il blocco del cosiddetto “fingerprinting”.

In primo luogo Google sta sviluppando meccanismi per fornire agli utenti maggiore trasparenza su come i siti utilizzano i cookie, garantendo form di controllo semplificati. Gli sviluppatori dei siti dovranno specificare esplicitamente quali saranno i cookies necessari per un corretto funzionamento del dominio e una navigazione sicura, in modo che gli utenti possano fare scelte informate su come vengono utilizzati i propri dati. Questa modifica consentirà agli utenti di cancellare tutti i cookies non necessari, preservando al contempo i dati per gli accessi e le impostazioni di navigazione.

In secondo luogo Google sta cercando di contrastare il fenomeno del “fingerprinting”, ma di cosa si tratta? In risposta a precedenti tentativi di regolamentazione del tracciamento dati da parte del motore di ricerca, diversi sviluppatori hanno ideato metodi di raccolta di informazioni più difficili da rilevare, in grado di scavalcare i vari controlli e ottenere quanto voluto. Il principio su cui si basano questi metodi è la raccolta di informazioni “secondarie”, che una volta raccolte ed organizzate permettono di ricostruire un profilo utente e, di conseguenza, controllare le sue azioni e rispondere correttamente agli input. Il fingerprinting è un metodo di tracciamento molto spinto, in quanto va al di là del controllo e del consenso degli utenti, ad un livello d’azione non trasparente e difficilmente individuabile.

Lo sforzo di Google per migliorare il panorama di navigazione online è assolutamente encomiabile, ma per raggiungere risultati tangibili lo stesso motore di ricerca chiede ai propri utenti uno sforzo collaborativo.

La collaborazione prima di tutto

Nel nuovo scenario ipotizzato da Google i cookies, per come li conosciamo, saranno ancora presenti. La grande differenza risiederà nella loro maggiore trasparenza e nella facilità di selezione ed esclusione degli stessi, sia che si tratti di “biscottini” relativi al sito in cui si naviga o di terze parti. Ciò che risulta essere davvero fondamentale, però, è un’adesione massiva a questi intenti e una volontà di collaborazione e miglioramento da parte di tutte quelle piattaforme che vivono e traggono profitto sulla rete.

Una comunicazione migliore dei rispettivi interessi può garantire profitti alle imprese e una maggiore trasparenza della navigazione online, soprattutto per salvaguardare chi non è in grado di gestire alla perfezione il proprio operato sulla rete.
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