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Reputation management: come gestirla al meglio

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L’advertising tradizionale, caratterizzato da una comunicazione verticale e monodirezionale, ormai è un modello superato. Se prima la reputazione dell’azienda dipendeva quasi esclusivamente da quanto comunicato istituzionalmente dalla stessa, nel mondo digital questo paradigma è stato stravolto. Gli utenti dei social network oggi possono aprire un canale di dialogo direttamente con i brand, e l’assenza di questi ultimi dalle principali piattaforme è considerato spesso un segno di arretratezza.

Data la situazione, sarebbe sbagliato pensare alla reputation management come qualcosa di limitato, ad esempio il social media monitoring, perché a tutti gli effetti stiamo parlando del risultato di un processo collettivo, che permea l’intera comunicazione aziendale.

Digital Reputation e brand reputation management

Prendendo in esame nel dettaglio la digital reputation, questa può essere identificata come la somma di tutte le discussioni intorno ad un’azienda che avvengono online.

Se in passato la brand reputation management era principalmente un monitoraggio passivo, il cui obiettivo era sopprimere completamente le menzioni negative, passando alla comunicazione digitale questo processo si è giustamente rivelato limitante. Se da una parte esiste ancora la componente “censoria”, soprattutto attraverso la moderazione degli user generated content sui profili ufficiali e la spinta dei contenuti negativi indietro nelle SERP dei motori di ricerca, non è più sufficiente operare con l’unico fine di ridurre la visibilità.

Una buona strategia di brand reputation management ha bisogno dell’interazione con i clienti, per ascoltare ciò che hanno da dire e imparare dai feedback ricevuti. In questo senso, la creazione e diffusione di una narrativa coerente tra tutti i canali di comunicazione è molto importante, proprio per garantire a differenti pubblici la possibilità di costruirsi un’opinione omogenea.

Buone pratiche per la brand reputation management

Sempre nell’ottica della coerenza e dell’omogeneità della comunicazione, ecco alcune pratiche a cui prestare attenzione quando si dialoga, attraverso più touchpoints, con un pubblico eterogeneo:

- Dare priorità al content marketing: la creazione di contenuti di qualità, che mirano alla condivisione di informazioni utili e all’empowerment dei clienti, è in grado di fare leva sulla percezione positiva del brand da parte dei lettori.
- Garantire la soddisfazione dei clienti: soprattutto quando si parla di prodotti e servizi non “usa e getta”, la soddisfazione e la fidelizzazione della clientela nel tempo vanno di pari passo con la brand reputation. Garantire loro un’assistenza di qualità è il primo passo per costruirsi una solida reputazione, sia per quanto riguarda il post-vendita che in senso assoluto.
- Strutturare una customer experience definita: questa componente sta rapidamente sorpassando quello che è il valore intrinseco del prodotto/servizio venduto, ed è importante delineare tutti i punti di contatto tra brand e clienti durante il loro customer journey.
- Sfruttare software di vario tipo: per inviare notifiche mail/sms o monitorare le menzioni social del proprio brand, molti software possono essere utilizzati come social reputation management tools. Piccoli dettagli come l’invio di sondaggi o newsletter personalizzate, oppure la possibilità di accorgersi tempestivamente e rispondere a commenti negativi aiutano a cementare la brand reputation nel lungo periodo.
- Soddisfare sia i clienti che i dipendenti: diversi studi hanno dimostrato che questi ultimi, se posti in condizioni di lavoro soddisfacenti e stimolanti, non solo sono in grado di avere una maggiore produttività (fino al 20%), ma possono trasformarsi in brand advocates. Figure del genere sono dipendenti (e clienti) completamente soddisfatte, che reputano il marchio così positivamente da parlarne di loro volontà e consigliarlo ai contatti.

Brand management e comunicazione della crisi

Molte aziende al giorno d’oggi, per mancanza di mezzi o per scelta imprenditoriale, preferiscono esternalizzare la comunicazione online a terzi, delegando loro il compito di social media manager e business reputation management. La necessità di affidarsi a professionisti del settore è quantomai importante, perché in caso di situazioni di crisi eventuali esiti negativi possono diffondersi in modo esponenziale.

In caso di menzioni negative o, a maggior ragione, critiche costruttive, è importante per un brand fornire delle argomentazioni valide sulle posizioni prese e, se necessario, saper fare un passo indietro. Sono numerosi gli esempi in cui una cattiva gestione della crisi ha portato un brand da una situazione gestibile ad una spirale negativa, con ripercussioni gravi anche sul lungo periodo.

Oggi più che mai, la trasparenza e l’autenticità, unite alle competenze professionali e ad un monitoraggio costante, rappresentano valori di primaria importanza per qualsiasi brand che voglia migliorare con una corretta strategia di reputation management. Non si tratta solo di individuare le critiche e neutralizzarle, ma di sfruttarle come un volano per crescere e trasformare il problema in un’opportunità.

La brand reputation passa anche attraverso la cura dei lead

Rimanendo ancora nel panorama digital, soluzioni come la lead generation rappresentano una rivoluzione per quanto riguarda la ricerca e la conversione di nuovi clienti. In questo senso, molte aziende investono tempo e risorse alla ricerca di nuovi lead, dando sì importanza alla fase di acquisizione ma talvolta non massimizzando il ROI a dovere. Per quale motivo?

Un lead appena acquisito è un utente che ha dimostrato interesse verso un determinato servizio/prodotto, ma per fidelizzarlo in maniera proficua è altrettanto importante “coltivarlo” attraverso un processo di lead nurturing. Una buona reputation management è fondamentale per massimizzare il ROI della lead generation, in quanto pone le basi per un circolo virtuoso in cui gli utenti, una volta convertiti e fidelizzati, si potranno trasformare a loro volta in brand advocates.
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